Non arrivano buone notizie dallo studio dell’Ong: il tasso di esclusione sociale è rimasto stabile ed il divario fra Nord e Sud è sempre ampio.
Interessante articolo da Famiglia Cristiana: due famiglie su 10 in Calabria sono sotto la soglia di povertà, 4 studenti di terza media su 10 in Basilicata non hanno le competenze alfabetiche adeguate, 570.000 bambini in Campania sono a rischio di emarginazione sociale, mentre in tutta Italia solo la Valle d’Aosta contempla un livello di inclusione delle donne appena sufficiente (65%).
Quelli appena elencati sono solo alcuni dei dati preoccupanti che emergono dal report Mai più invisibili 2023, il rapporto stilato da WeWorld sulla condizione di donne, bambini e adolescenti nel nostro Paese.
Lo studio, redatto per la prima volta nel 2020 attraverso il vaglio di 30 indicatori, ha come obiettivo quello di analizzare il tasso di “esclusione sociale”, un’espressione che fa riferimento alle situazioni in cui non tutti possono usufruire delle opportunità e dei servizi deputati a consentire una vita dignitosa, come ad esempio l’istruzione pubblica, l’assistenza sanitaria, le infrastrutture o il sistema di previdenza sociale.
Le percentuali evidenziate quest’anno non mostrano miglioramenti rispetto a 5 anni fa: si calcola, infatti, che ad oggi siano 15 milioni le donne e i bambini che vivono in regioni incapaci di garantire un adeguato accesso a esperienze educative di qualità, salute, opportunità lavorative e partecipazione politica. Delle 20 aree geografiche italiane, nessuna è idonea a offrire un grado di inclusione buono (75-84,9%) o molto buono (85-100%), mentre sono rispettivamente 5 e 6 quelle con un grado di esclusione sociale molto grave (meno del 44,9%) di donne e bambini.
Che i disagi generati dal Covid-19 abbiano inciso notevolmente sulle condizioni di vita di molte persone – specialmente di quelle più deboli – è ormai noto e il report lo conferma: come ha commentato il Presidente di WeWorld Marco Chiesara, “la pandemia e le crisi che si sono intrecciate negli ultimi anni hanno ulteriormente peggiorato le condizioni di chi già viveva in condizioni di fragilità, come donne, bambini e adolescenti, con il rischio che le disuguaglianze diventino incolmabili”.
Le condizioni peggiori si riscontrano al sud, dove i livelli di dispersione scolastica sono allarmanti e acuiscono il divario con le regioni del nord: il tasso più alto di abbandono scolastico si registra in Sicilia (21,2% contro il 12,7% della media nazionale), che si distingue tristemente anche per il minor numero di donne laureate o in apprendimento permanente.
Una dimensione, quella dell’istruzione, che ha risentito notevolmente degli effetti del lockdown e che rischia di diventare un problema serio: spesso, infatti, chi non accede all’educazione non può aspirare a un lavoro qualificato, e di conseguenza nemmeno a uno stipendio medio-alto; se la situazione poi è particolarmente grave (ad esempio, se il livello di istruzione è elementare), probabilmente il salario percepito sarà tale da non garantire nemmeno una soluzione abitativa soddisfacente, cosa che a sua volta alimenterà l’emarginazione sociale.
L’Italia, dunque, si posiziona decisamente in basso sulla scala dei Paesi inclusivi e capaci di promuovere i diritti di donne e bambini, rimanendo in una situazione di stallo che non sembra fare progressi.
Un modo per invertire la rotta, tuttavia, c’è: “bisogna effettuare interventi tempestivi, che sappiano innescare un cambiamento sostanziale attraverso la trasformazione delle norme sociali, culturali e giuridiche”, infatti “servono politiche
attente al genere e alle generazioni più giovani che introducano strumenti per favorire l’empowerment di donne e bambini/e; serve, soprattutto, costruire una visione del mondo e della società che non sia più maschio-centrica e patriarcale”.