“I Vescovi italiani -recita una nota – non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire delle sue sorgenti, in
Segue l’apertura di Palazzo Chigi: “Nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli”
Nonostante il dialogo di queste settimane tra Cei e ministero degli Interni su come riaprire le funzioni religiose, e nonostante l’organismo che rappresenta i vescovi italiani avesse inviato al Governo una lunga bozza con le proposte tecniche per mettere in sicurezza le Messe, il governo Conte ha escluso la ripresa dei riti religiosi di popolo dal 4 maggio, ad eccezione dei funerali. Ma i vescovi non sono affatto d’accordo sul protrarsi delle restrizioni. Il governo incalza “Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”.
“Un’interlocuzione – prosegue la nota – nella quale la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria. Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale. Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e protocolli con cui affrontare una fase transitoria nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della presidenza del Consiglio esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”.
La nota richiama quindi “alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico” il “dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.
La nota fa anche riferimento all’inscindibile legame tra fede e carità del messaggio cristiano così come è scritto nel Vangelo. “I Vescovi italiani – conclude infatti il comunicato – “non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”.
Segue una precisazione di Conte di replica alla nota della Cei. “La presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza.
Saranno d’accordo i parroci e i sacerdoti che si verranno limitare drasticamente il numero dei fedeli in chiesa per il distanziamento sociale?
I parroci dovranno aumentare il numero delle Messe per soddisfare la totalità dei fedeli che desiderano accostarsi ai sacramenti?
Come verranno scelti i fedeli che possono accedere in chiesa? Ci sarà una lista con i prenotati secondo il numero di posti disponibili ? Sarà il sagrista a regolare gli ingressi con la lista dei fortunati tipo discoteca?
Non dimenticando che alla fine di ogni messa si dovranno sanificare le panche e gli ambienti. Comprendiamo le ragioni per tutelare la sicurezza dei cittadini al fine di evitare contagi e diffusione del virus, ma una soluzione per riprendere la libertà di culto, che peraltro è un diritto, non si poteva trovare nell’ultimo decreto di Conte?
Orazio D’Antoni