ROMA – Da un farmaco in uso contro il diabete potrebbe aprirsi una possibile via di cura per il morbo di Parkinson.
La speranza arriva da uno studio clinico su 62 pazienti condotto presso la University College di Londra.
Chiamato exenatide, il farmaco protagonista di questo studio è in uso contro il diabete di tipo 2, serve a regolare la glicemia e ha come bersaglio d’azione un recettore che si chiama ”glucagone di tipo peptide-1” (GLP-1). Tale recettore, guarda caso, si trova anche nel cervello, motivo per cui il farmaco potrebbe avere un effetto terapeutico nel Parkinson (e forse anche su altre malattie neurodegenerative come l’Alzheimer), anche se al momento il meccanismo d’azione resta sconosciuto.
Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa che resta attualmente orfana di una cura in grado di bloccare il decorso della neurodegenerazione (morte dei neuroni) o, quanto meno, rallentarlo. Attualmente esistono solo medicinali in grado di tenere a bada alcuni sintomi della malattia.
Gli esperti hanno testato il farmaco su metà dei pazienti, dando all’altra metà – in doppio cieco – una pillola di placebo.
Dopo 48 settimane di terapia i pazienti che avevano assunto exenatide hanno mostrato di aver mantenuto un quadro clinico stabile, mentre coloro che avevano assunto il placebo erano peggiorati nel tempo come purtroppo avviene in questa malattia.
I pazienti trattati con exenatide sono rimasti stabili per tre mesi dopo la sospensione delle cure, mentre il gruppo placebo aveva continuato a peggiorare.
E’ presto naturalmente per dire se questo farmaco sia veramente efficace a lungo termine contro la progressione del Parkinson, serviranno studi di lungo periodo per comprenderne gli effetti e capire se è davvero in grado di bloccare la morte dei neuroni o se, invece, per qualche motivo misterioso, nasconde solo i sintomi della neurodegenerazione.
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